Cambodia part 2 - Phnom Phen / Orrori del regime / Paradiso in terra
Rieccoci! Eravamo rimasti nella ridente Stung Treng, "in the
middle of nowhere" nel centro della Cambogia.
Dopo aver dormito nuovamente al Gold River Hotel, ripartiamo
con il nostro Mini Van con destinazione Phnom Phen, la capitale della Cambogia.
Lungo il percorso ci fermiamo spesso per pause fisiologiche, ogni dieci
chilometri scarsi c’è una stazione di rifornimento e le zone rurali sono molto
abitate, con nostro stupore abbiamo trovato raramente ampie zone disabitate.
I villaggi intorno alle grandi strade (non parlo di autostrade
ovviamente) sono di due tipi: alcune vere e proprie baracche, altre invece sono
case più che dignitose tutte costruite sopraelevate.
Il comune denominatore sono la presenza di tantissimi animali, da
migliaia di cani randagi a galli, galline e qualche mucca (tutte magrissime!)
A qualche decina di chilometri da Phnom Phen ci fermiamo e ci
imbarchiamo su un bel battello, che scopriamo essere tutto per noi, qui
facciamo conoscenza di uno dei personaggi incredibili di questa vacanza: Mr.
Lucky (non ho controllato il passaporto ma penso non fosse il suo vero
cognome).
Mr. Lucky ha circa 50 anni, parla un buon inglese ed è un gran
chiaccherone, un po’ invasivo ma sembra una persona che conosce davvero bene il
suo paese, difatti ci lasciamo andare e gli poniamo tutte le domande che
abbiamo accumulato nei giorni precendenti.
Consumiamo un buon pranzo a bordo e poi ci dirigiamo alle Silk
Islands, dove visiteremo i villaggi locali e vedremo come viene prodotta la
seta.
Prima di arrivare Mr. Lucky insiste ne farci visitare una località
balneare di Phnom Phen, situata su un’isola del Mekong, io e Ale ci guardiamo e
ci diciamo: “Beh dai, magari è un bel posto! Quasi Quasi…”
Arrivati alla località balneare ci guardiamo nuovamente ed
esclamiamo “MA ANCHE NO!”.
Diciamo a Mr. Lucky di tirare dritto alle SIlk Island ma lui
insiste.
Vediamo da lontano il posto.
Ci riguardiamo negli occhi con sguardo schifato.
Sbarchiamo.
Arriviamo ad un porticciolo diroccato.
****INTERROMPETE SE STATE MANGIANDO***
Camminiamo lungo il bagnasciuga (rigorosamente con le scarpe ai
piedi) schivando un paio di escrementi (troppo grossi per essere di animali di
piccola taglia, troppo piccoli per essere di animali grossi).
**** POTETE RIPRENDERE COLAZIONE/PRANZO/CENA****
Arriviamo in un posto indescrivibile: 35 persone ogni metro
quadro, il bagnasciuga completamente occupato da baracche sopraelevate prese in
affitto da locali, acqua ovviamente di un colore più tendente al marrone che
all’azzurro e un’indescrivibile quantità di cibo, animali, vestiario, gente che
dorme, bambini che urlano e bambini che giocano.
Naturalmente molti ci fissavano come se fossimo degli orango in
Galleria Vittorio Emanuele, penso che il numero di occidentali passati il quel
posto prima di noi si possano contare su una mano di uno a cui è esplosa una
granata in mano.
Se ci avesse portato Caronte allora tutto sarebbe stato molto più
chiaro riguardo a come definire quel luogo…
Sorridiamo forzatamente a Mr. Lucky e diciamo che per noi è
abbastanza, possiamo andare alle Silk Island.
Allunghiamo il passo e, schivando cagatine varie, saltiamo sulla
barca nella speranza di vedere qualcosa di interessante.
Rimaniamo abbastanza delusi dalle Silk Island, insomma vedere per
mezz’oretta come viene prodotta la seta dai bachi (sotto una foto del bozzolo grezzo) che viene successivamente trasformata in capi vari non è uno delle cose
imperdibili in questo paese. Ne approfittiamo per comprare qualche
regalino per casa, portiamo a casa delle sciarpe di seta ad un prezzo
abbordabile (viste successivamente in aerporto a 150$!!!).
Visitiamo un tempio con delle statue che rappresentano i vari segni
zodiacali cinesi e ci rimettiamo sulla nostra barca per attraccare al porto di
Phnom Phen.
Un bellissimo tramonto ci accoglie nella capitale.
Passiamo una sera a Phnom Phen e devo dire che abbiamo notato
subito l’enorme differenza con il resto del paese, è una città moderna in cui
il benessere della popolazione urbana emerge con i soliti eccessi di coloro che
si sono arricchiti da un giorno all’altro. Macchine da centinaia di migliaia di
euro ovunque, tantissimi stranieri in cerca di sballo e un traffico da grande
città asiatica ci fanno optare per un rapida visita della città e poi dritti a
letto, il giorno successivo ci aspetta una giornata intensa.
Dopo una sveglia di prima mattina e una buona colazione in hotel
(consigliatissimo: il VMansion Hotel, circa 50$ a notte in due) partiamo per
vedere il campo S-21 e i Killing Fields, posti nei quali i Khmer Rouge hanno
perpetrato i loro crimini tra gli anni ’70 e ’80.
Quello che generano questi luoghi è indescrivibile, qui circa 2 o 3
milioni di persone (ci sono diverse fonti riguardo al reale numero), l’equivalente del 25% della popolazione della Cambogia a
quel tempo, sono state torturate e uccide dal regime di Pol Pot.
Il suo scopo era di creare un regime comunista basato
principalmente sull’agricoltura e per farlo decise di annientare tutto quello che
era la storia della nazione, sterminando chiunque potesse portare avanti
anche solo il suo ricordo: uccise funzionari, anziani, coloro che parlavano la
lingua francese o che indossavano gli occhiali, chiunque potesse aver ricevuto un
briciolo di educazione.
Pol Pot svuotò le città per far si che il popolo si dedicasse
soltanto all’agricoltura, cosa che si rivelò assurda e controproducente, tanto
da portare il paese ad una gravissima crisi che portò migliaia di persone a
morire di fame.
Successivamente alla liberazione dal regime, gli strascichi di
questo assurdo disegno porteranno la Cambogia ad essere uno dei paesi più
poveri del sud-est asiatico, con conseguenze ancora visibili negli occhi delle
persone e lungo le strade delle campagne.
I due siti sono assolutamente da non perdere, l’audio guida (anche
in italiano!) è ben fatta e vanno pianificate due ore per ognuna delle due
visite.
Il Killing Fields, a mezz’oretta dal centro di Phnom Phen è uno
dei luoghi in cui venivano deportati, obbligati ai lavori forzati e uccisi i
cambogiani, solo nel sito che abbiamo visitato si contano circa 30.000 – 50.000
persone uccise.
E’ uno dei luoghi più particolari che abbia mai visitato perché
sacco di emozioni colgono chi lo visita: rabbia al pensiero la follia di un connazionale
che ha portato a questo genocidio, tristezza per la terribile fine di centinaia
di migliaia di persone (con particolari riferiti ai bambini e neonati
inimmaginabili e che vi risparmio) e speranza nel fatto che un luogo del genere
possa essere testimone inconfutabile di dove la follia umana possa arrivare.
E’ un luogo in cui regna un silenzio che cozza enormemente con il
caos della città, lontano solo qualche chilometro.
Durante la visita un piccolo serpente ci passa davanti velocemente, come se volesse allontanarsi il prima possibile dal genere umano e da quel luogo di morte.
Un signore anziano, al di là della recinzione che delimita il sito
chiede qualche spicciolo, gli manca una gamba, al solo pensiero che lui potesse
essere li mi si accappona la pelle, gli do l’equivalente di un dollaro.
Non sorride ma ci ringrazia
nella sua lingua.
L’S-21, in centro a Phnom Phen, è invece il luogo in cui venivano
imprigionati e uccisi i sospettati oppositori del regime.
Altro luogo fortissimo, alcune stanze sono completamente ricoperte
dalle foto dei carcerieri, anche bambini giovanissimi e di coloro che sono
stati uccisi. Tutti sembrano fissare i visitatori con uno sguardo misto di
disperazione e rassegnazione.
Un ragazzo della mia età è in lacrime, impossibile rimanere
indifferenti ad un luogo del genere.
Chi passa da questa città, a mio parere, è obbligato visitare questi
luoghi, è qualcosa di troppo importante per quella parte di storia che non
viene spiegata sui banchi di scuola.
Solo dopo questa giornata iniziamo davvero a notare una cosa
unica: ci sono pochissimi anziani in Cambogia, gran parte sono stati sterminati
quarant’anni fa.
Info di servizio: per andare ai Killing Fields non prendete il tuk
tuk, il traffico è terribile e l’inquinamento vi soffocherà (no auto elettriche
in giro!)
Ripartiamo alla volta di Sihanoukville, sulla costa sud
della Cambogia, la guida del nostro driver, o forse quella dei cambogiani, è
improponibile: sorpassi azzardati, motorini contromano dappertutto e strade
accidentate.
Per fare 200 chilometri ci mettiamo quasi 6 ore e qualche
anno di vita, ma arriviamo sani e salvi.
Arriviamo stanchi morti nel piccolo resort (gestito da un
ragazzo italiano!!), mangiamo una cosa al volo e poi a dormire immaginando le
il mare cristallino che ci aspetta il giorno successivo.
Ale ha un inconto ravvicinato, anzi ravvicinatissimo, con
uno scarafaggio che lui dice essere stato grande quasi come il palmo della sua
mano. Il tenero insetto, dopo essersi arrampicato sul soffitto ha evidentemente
perso l’equilibrio cadendo esattamente sulla sua faccia: un’altra grande
emozione vissuta in Cambogia!
La parte sul mare di Sihanoukville è pieno di Hippie provenienti da tutto il
mondo, non sembra di essere in Cambogia. è una colonia di expat evidentemente
annoiati dalla vita urbana.
La parte interna di Sihanoukville è un incubo, pieno di casinò cinesi che sembrano essere stati "appoggiati"dal nulla, poiché completamente fuori contesto, un qualcosa di orripilante.
Come se servisse anche specificarlo, evitate, anche perché la sera si riempie di cinesi che a quanto ci hanno riferito possono anche causare qualche problema dato dall'alcool e dal gioco.
La parte "hippie" è particolare come posto, ma non degno di visita apposta,
giusto un pit stop per Koh Rong dal mio punto di vista
Il giorno dopo ripartiamo per il porto di Sihanoukville,
dove prendiamo una speedy boat in cui ci fanno indossare giubbotti che
probabilmente sono ricoperti da tutte le malattie possibili ed immaginabili, ma
alla fine, tra cambogiani che parlano con lo stesso tono di voce dei
sudamericani al telefono in metropolitana e bambini vomitanti in appositi
sacchetti, arriviamo alla tanto agognata meta: l’isola di Koh Rong Sanloem.
E’ esattamente come ce l’aspettavamo: spiagge di sabbia
chiara e mare azzurro cristallino ed entroterra di foresta tropicale (Lost può
accompagnare solo!).
Dopo un disguido legato al molo in cui dovevamo attraccare
ci viene a prendere un ragazzo del nostro albergo, che ci porta alla fine della
grande spiaggia di Saracen Bay, dove alloggeremo.
Abbiamo due lodge indipendenti (camera e bagno), senza aria
condizionata ma con pala ventilatore, scopriremo che l’a/c effettivamente non
serve perché durante la sera il clima è perfetto.
Koh Rong Sanloem (da non confondere con Koh Rong, l’isola di
fianco) è una piccola isola incontaminata al largo della Cambogia, qui solo la
spiaggia principale è attrezzata con posti in cui alloggiare, dormire e qualche
supermarket (ma il tutto senza rovinare la bellezza dell’isola!), il resto è
completamente selvaggio e siamo perennemente accompagnato da un canto di centinaia di uccelli. (vedi video).
La prima sera veniamo portati al largo dell’isola in barca
per fare un bagno serale e vedere il plancton, che diventa fosforescente
muovendo l’acqua rapidamente immergendosi completamente, esperienza unica!
Ci fermiamo solo due giorni sull’isola, ma rimaniamo davvero
stregati da questo posto: mare, entroterra e accoglienza ci fanno rimpiangere
l’aver deciso di rimanere solo 2 notti, ma purtroppo, non avendo flessibilità
dobbiamo, ahimè, ripartire alla volta di Sihanoukville, dove un driver ci porta
all’aeroporto di Phnom Phem, dove si chiude la nostra avventura in Cambogia
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